Pillola Corsara n° 29 – L’Arte non ci emoziona più, non ci rende più meravigliati

L’Arte non ci emoziona più, non ci rende più meravigliati

 

Pillola Corsara n°29 

 

Slavoj Žižek, tra i massimi filosofi contemporanei, ci descrive un po’ l’arte di oggi senza alcuna riservatezza : “ E’ sufficiente ricordare le tendenze recenti dell’arte visiva: sono ormai passati i tempi in cui si producevano semplicemente statue e quadri con cornice. Noi oggi assistiamo ad esposizioni di cornici senza quadri, mucche morte e loro escrementi, video di interiora del corpo umano ( gastroscopie e colonscopie ), esalazioni di odori nelle installazioni, ecc..”.

Una sintesi fatta di poche parole ma di estrema efficacia e verità.

Potremmo aggiungere tutto il genere che coinvolge ogni volgarità e disprezzo della vita. L’uso dell’arte sacra per “ri-crearla” con combinazioni e contenuti del tutto blasfemi e contrari ad ogni civile rispetto non solo verso la religione, ma verso quel senso del “pudore”, di cui,  l’uomo contemporaneo, sembra, vergognarsi.

La rana crocifissa, il Cristo pisciato, la donna barbuta crocifissa, le feste dissacranti di alcuni “festini gay” ( vedi il “Cassero” di Bologna ), le “madonne crocifisse” e le elucubrazioni di Cattelan sul papa morente o sull’angelo che dà lo zuccherino al cavallo “impagliato” nel muro.

Questa è l’arte che viene ospitata ed inneggiata nelle varie Fiere allestite come i “santuari” delle tendenze artistiche o come luoghi di esposizione per attirare il nuovo pubblico, quello che confonde Beethoven con il cane san Bernardo, “attore” cinematografico o Mozart con musiche pubblicitarie od i famosi cioccolatini delle pasticcerie di Salisburgo.

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Un orgia di stupidità e di ignoranza.

Un altro grande studioso e filosofo Jean Baudrillard  fa la seguente constatazione: “ L’arte è passata ovunque nella realtà. […] E’ nei musei, nelle gallerie, ma altrettanto è nei detriti, sui muri, nelle strade, nella banalità di ogni cosa oggi sacralizzata senza altra forma di procedimento. L’estetizzazione del mondo è totale. […]”.

Non solo una certa ideologia egualitarista degli anni sessanta è responsabile di una certa “degenerazione” dell’arte, ma gli stessi artisti che si identificarono con il semplicismo e la banalità dell’essere artisti.

Beuys, iniziatore ed esponente della creatività contemporanea, affermava:

” Ogni uomo è un artista; tutto ciò che fate è arte”.

Questo demagogica sentenza ha generato il diffondersi di una certa cultura del “fai da te” , che ha incoraggiato, soltanto, l’avvento delle “brutture” dell’accentuata frattura tra realtà ed immaginazione, tra creatività e bricolage, ogni sguardo della bellezza.

Non possiamo più meravigliarci. L’Arte era rimasta l’unica fonte delle nostre emozioni, della nostra consolazione, del nostro modo di reagire di fronte alla distruzione di ogni valore umano e culturale.

L’Arte per non sentirci soli.

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E, invece, l’arte è diventata il culturame del nostro tempo: ha sedimentato cento anni di storia dell’”iconografia invisibile”: dal famoso “orinatorio” di Duchamp (1917) di esperienze sperimentali, di ricerca per nuove estetiche, per sottolineare  l’incapacità creativa dell’uomo moderno e la “disperazione” dell’uomo contemporaneo. Una corsa che non ha trovato, ancora, il suo naturale traguardo. E’ certo che questa arte contemporanea non sollecita le menti a pensare a quella “bellezza” che dovrà salvare il mondo.

La “bellezza”, oggi, è orfana, perché non è morta l’arte, ma l’artista che è privo di quella predisposizione a capire ciò che è importante salvare per tramandare e rendere unica la nostra umanità.

Bisogna riscoprire lo “sguardo dell’arte”, così come ci ricorda Papa Benedetto XVI: “ Perché l’opera d’arte esprime il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che vede, la sua ricerca del senso profondo dell’apparire, ed è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e verità che vanno al di là del quotidiano”.

 

                                                                 Franchino Falsetti

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