Pillola corsara N°12 – Sparliamo italiano… anche al femminile

Sparliamo italiano… anche al femminile [n.12]
Sparliamo italiano, era un titolo ad effetto di un importante lavoro, del bravissimo linguista Maurizio Dardano, che desidero ricordare con molta stima, anche per la sua preziosa partecipazione ad alcune mie iniziative, svolte a Bologna, sul “linguaggio giornalistico e sulla grammatica italiana”. In questo libro-indagine sullo stato della lingua italiana della seconda metà degli anni ’70, Dardano metteva a nudo, le diverse contaminazioni che, ormai, invadevano la nostra “aulica” lingua.
I diversi linguaggi speciali o settoriali, i forestierismi di ogni tipo, il linguaggio della pubblicità e le forme gergali, la nuova lingua criptata dei giovani e giovanissimi, determinavano una nuova geografia del parlare e dello scrivere in italiano. I tempi hanno dato ragione al preveggente linguista, anzi le cose sono andate sempre più “colonizzandosi”, al punto che, la stessa “Crusca”, nostro Osservatorio ufficiale sullo stato della lingua italiana, non interviene per “difenderci” dalle scorie dei “familismi” linguistici, ma sembra accettare, con compiacimento, tutto ciò che passa per “neologismo” od adeguamento al processo della modernizzazione.
Emblematico è la forzata invadenza della lingua inglese, non solo nel nostro costume, ma in tutte le espressioni d’uso comune od istituzionale.
Non mi sembra un buon metodo. Altrove, per esempio in Francia, le Accademie sono nate per difendere la lingua da ogni “dannosa” degenerazione, quale espressione ricalcata da altre culture e quindi foriera di “impurità” e determinante di inevitabili alterazioni o negazioni semantiche, rispetto al proprio modello linguistico-espressivo, in uso e collaudato da secoli. Siamo di fronte all’affermazione della lingua “à porter” , una sorta di linguaggio neo-maccheronico, dove regna lo sgrammaticato, l’improvvisazione e l’invenzione occasionale o di comodo di chi non ha conoscenze appropriate sul medium ufficiale che si chiama lingua nazionale. Ai regionalismi dialettali, alle forme colloquiali e gergali, abbiamo aggiunto la creatività senza limiti, come il recente “neologismo” petaloso, coniato da un bambino della scuola elementare (nel ferrarese) e subito riconosciuto dalla Madre Crusca: onnivora nomenclatura degli usi commerciali e consumistici del nostro nobile, ma duttile, idioma.
Da tempo, in questo movimento di radicale trasformazione e snaturamento della nostra identità linguistica, si agita, con il sostegno di protagoniste della vita pubblica italiana: parlamentari, imprenditrici, dirigenti, esponenti di partiti politici, che la lingua italiana va declinata anche al “femminile”.
Sono, ormai, noti i richiami alla distinzione di sesso, in particolare, delle professioni : ministro / ministra – architetto / architetta – il giudice / la giudice – il presidente / la presidente – il senatore / la senatrice.
La stessa Presidente della Camera Boldrini, per la recente ricorrenza dell’8 Marzo , raccomandava che “come istituzione dobbiamo essere un esempio e utilizzare la declinazione al femminile quando si rivolge la parola alle colleghe”. Ed ancora : “ Qualcuno ritiene che sia superfluo parlare di linguaggi di genere, mentre io ritengo che il tempo è scaduto ed è doveroso soffermarsi su questi temi”.
Le quote rosa e la lingua declinata al femminile, non sono necessità di valorizzazione del “sesso debole”, ma ingenue rivendicazioni formali, che nascondono una preoccupante abdicazione della propria identità. Non è nel “modificare il dizionario della lingua italiana”, che si affermeranno i principi di una moderna “coscienza di genere”. Il linguaggio non è di genere, il linguaggio è espressione di una cultura di formazione per tutti. I padri latini per evitare ogni malinteso, avevano, oltre al genere maschile ed il femminile, anche il neutro. Nella nostra Cultura, “là dove ‘l sì suona”, dobbiamo saper rintracciare tutto ciò che ci unisce e di rende liberi, in senso democratico, di esprimerci senza imposizioni, divisioni ed inutili od ipocrite contrapposizioni.

Franchino Falsetti

 

Roma. (Ph. Roberto Cerè, 2014)
Roma. (Ph. Roberto Cerè, 2014)

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