Pillole corsare n°11 – La Buona Scuola come io speriamo che me la cavo

La “Buona Scuola”  come “ Io speriamo che me la cavo” ?        [n.11]    

Dopo dieci mesi dalla promulgazione delle legge 13 luglio 2015, n.107,  sulla riforma del Sistema scolastico italiano, conosciuta come la “Buona Scuola”, dopo alcuni clamori di nostalgici repertori, dopo alcune critiche di diffuso malessere e smarrimento tra le varie realtà sindacali, siamo entrati in un’atmosfera di silenzio “meditativo”  per qualche nuovo annuncio contestativo come post it di fine anno. Come mai la Scuola Italiana, fin dalla prima legge Casati (1859), è continuo oggetto di pensamenti e di ripensamenti, di aggiustamenti ed adeguamenti, di compromessi ideologici, politici e sindacali, di condizionamenti “capitalistici” espressi dal mondo del lavoro e dalle leggi dell’economia di mercato? Siamo convinti che la società cambia, che il problema dell’istruzione non è più quella legata a combattere l’analfabetismo; non siamo più una società alla ricerca di modelli di sopravvivenza. Siamo una società altamente industrializzata, tra le democrazie più avanzate in Europa e nel mondo Occidentale. Ma tutto questo non basta per realizzare leggi robuste sulle nuove problematicità della scuola del XXI secolo, in rapporto alle nuove dinamiche migratorie, alla coesistenza  delle diverse culture ad una inevitabile cambiamento culturale , non solo della  scuola come istituzione, ma della condizione di essere studente. Nel passato molti sono stati gli studiosi italiani ( da Papini a don Milani ) che hanno sostenuto dell’inutilità della Scuola, sia in senso politico che istituzionale. Dopo la riforma Gentile (1923), una riforma altamente articolata, progettata per la formazione intellettuale e professionale dei cittadini italiani, con contributi di altissimo livello, come quelli sostenuti ,in modo appassionato, da Giuseppe Lombardo Radice ( pedagogista,riformatore ), non abbiamo più avuto una riforma organica capace di cancellarne ogni traccia. E’ durata oltre settant’anni  e poi abbiamo avuto le ultime eruzioni “globalizzanti” della legge (Gelmini) e della legge (Giannini). L’unica grande rivoluzione è stata quella di passare da un sistema verticale ( scuola “autoritaria” e “classista” ) ad un sistema orizzontale ( scuola “democratica” ed “ugualitaria” ) . La scuola  non come “piramide” di perenne fortezza e vasti orizzonti,  ma come “zattera” in balìa delle onde e delle perturbazioni di tipo robinsoniano. Ciò non significa che la riforma Gentile sia stata la regina o l’optimum delle riforme. Sappiamo che una buona regola è quella di contestualizzare ciò di cui vogliamo parlare. La riforma Gentile si identifica con il ventennio fascista. Ma come mai ha continuare ad essere viva fino agli anni settanta?  Ciò che ha cambiato un po’ le cose sono state: la riforma della scuola elementare del 1955 – la riforma della Scuola Media Unica del 1962  – l’istituzione della Scuola Materna Statale del 1968 –  la legge sugli gli Organi Collegiali del 1974 e via dicendo. Cammino molto lento e sempre molto frammentario. Pensiamo alla riforma della Scuola Superiore. Mai una visione unitaria della Scuola pubblica “dall’infanzia all’Università”. Ciò che ha preoccupato anche in queste ultime legislature sono stati i problemi irrisolti del personale: immissioni in ruolo, superamento della modalità del “precariato”, adeguamenti degli stipendi, nuovi criteri concorsuali per i nuovi assunti.

E’ finito il tempo del grande clientelismo elettorale come investimento dei partiti e dei sindacati. Ma a questa dissennata politica della Prima Repubblica, che cosa ci viene consegnato? Quale Progetto Culturale per la Scuola del 2000? E’ sufficiente giustificare la validità, la bontà di una riforma, come quella della Scuola Italiana, procedendo per adeguamenti di mercato, di modernizzazione e di necessità “aziendali”, dove tutto si riduce a parlare di: lingua inglese, informatica, uso delle multimedialità relative alla comunicazione ed informazione, senza tener in considerazione che questi sono strumenti e non contenuti. La scuola non può divenire un parco di addestramento alle conoscenze strumentali dei modi ed usi dei “selfie” educativi e culturali. Ci vuole ben altro, forse un nuovo “Gentile”, che sappia interpretare l’attuale disordine sociale nella prospettiva delle nuove utopie democratiche, per determinare un compiuto ed interattivo Progetto Riformatore che va dalla Scuola alla Società e dalla Società alla Scuola.

Se è vero che siamo nel tempo delle Società della Conoscenza, cerchiamo di preoccuparci dell’educazione e formazione al e del sapere, poiché i sistemi scolastici, se non sono meditati con finalità prospettiche, rischiano di essere un semplice esercizio contabile per soddisfare ed archiviare un capitolo della spesa pubblica corrente. In attesa di un prossimo Ministro che avrà un’altra riforma da proporci, cerchiamo di non consolarci con aggettivi buonisti.

                                                                                                                                                   Franchino Falsetti  

 

 

Linee certe. (Ph. Roberto Cerè. 2016)
Linee certe. (Ph. Roberto Cerè. 2016)

 

 

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