Pillole corsare N.6 – L’informazione gastronomica e la libertà di stampa

L’informazione gastronomica e la libertà di stampa…..          [n.6]                                                                                                                                   

Viviamo, ormai, da moltissimo tempo, una situazione che va al di là di ogni tentativo di teorizzazione e di giustificazione. I sistemi ideologici, vere fortezze del pensiero e dei comportamenti sociali, si sono, dopo l’abbattimento del muro di Berlino e la fine della, cosiddetta, “guerra fredda”, liquefatte, come il famoso “orologio” di Dalì. Nuovi miti e nuovi idoli si sono, gradualmente, sostituiti, in modo particolare, dal famoso boom economico: dalle performances industriali alle mode imperative dell’economia e del mercato. Una vera e propria rivoluzione copernicana. Ma è proprio così? L’antico refrain del “tutto si trasforma”, sembra non abbandonare le tentazioni e le manie dell’uomo: dall’homo sapiens all’homo videns, dall’homo liquido all’homo gastronomico.

Ciò che ci rende perplessi è il constatare che non esistono, purtroppo, isole felici. La stampa, l’informazione e la libertà di espressione non sfuggono a questo sconvolgimento. Fin dalla nascita della carta stampata, il potere ha sempre operato censure di ogni tipo pur di controllare e limitare “la voce” libera del giornalismo ed in seguito dei mass media, di qualunque natura fossero. In Italia, dal liberalismo di tipo risorgimentale alla dittatura, alla repubblica, in modo strumentale ed ideologico, si confondevano, intenzionalmente, i rapporti tra : libertà, informazione, verità, espressione. La stampa era la “cassa di risonanza” del potere dei partiti e ne adulava le promesse e le gesta.

Nel 1959 un mirabile articolo-saggio di un grande giornalista Enzo Forcella, della stampa nel periodo democratico repubblicano, ne fece una impietosa radiografia, intitolandola : “Millecinquecento lettori”.

I giornali sono scritti per il potere politico, i lettori-protagonisti sono i parlamentari, i dirigenti dei partiti ed i consiglieri comunali. Appunto per un piccolo esercito di professionisti della politica. Ed il pubblico? I lettori? Dall’avvento del centro sinistra fino alle esperienze del sessantotto e , continuando, fino alla nascita delle radio-tv libere e la conquista dell’etere informativo da parte dei network pubblici e privati, una vera orgia di un nuovo potere sovrano dell’industria dell’informazione, si sono realizzate esperienze, di sicura innovazione strutturale e di contenuto:  pensiamo al “Il Giorno” ed a “La Repubblica” ( di cui si festeggiano i primi 40 anni – 1976 -2016 – ), ma senza sciogliere le vecchie “ideologie”. Il lettore è molto spesso l’alibi o il complice per certe operazioni di consenso o di smaccata voglia di politicizzazione di un mezzo di informazione. Il giornale come medium di un nuovo potere. Il pubblico ( il lettore ) è una condizione di “essere senza tempo”. E’ quella strana massa che faceva dire al grande scrittore e giornalista Zola: ” La gente vuole notizie? Ingozziamola di notizie. I giornali sono agenti di perversione letteraria”.

Ma ciò che ci lascia ancora disarmati e preoccupati è il prevalere di una certa stampa e di una certa libertà di stampa che  rincorre, ogni giorno, i mostri da “sbattere” in prima pagina. Una sorta di sadismo e cinismo dell’informazione per trasformare la notizia in qualcosa di perturbante, di diffusa perversione e di negazione di qualunque forma di dubbio.

Il lettore non deve leggere con la mente ma con i suoi sensori, con le sue forme empatiche e con il compiacimento selettivo di una personale concezione di verità e di giustizia. Deve sentirsi inserito in una agorà dove si “cucinano” le informazioni sugli avvenimenti selezionati.

“ Nella nostra società il giornale ha una potenza immensa. Può creare o macchiare la reputazione di qualsiasi uomo. Ha la perfetta libertà di chiamare truffatore e ladro il migliore uomo della nazione, distruggendolo oltre ogni speranza”. ( Mark Twain, Libertà di stampa, 2010 )

Altra menzogna : le notizie separate dalle opinioni. Uno slogans pubblicitario ma non praticabile. Lo stile giornalistico anglosassone per dare informazione è solo un miraggio nella esperienza giornalistica italiana. Il nostro stile di scrittura e di pensiero non è capace di separare ma di intrecciare e congetturare, di essere sempre tentati di scrivere il solito “pastone”, anche con l’aiuto della, cosiddetta, “scrittura intelligente”.

 

  Franchino Falsetti

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Credo sia una pianta vera. Ph. Roberto Cerè, 2012.

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